I discepoli di Agostino Casaroli non sono affatto all’altezza del loro maestro

Monsignor (e poi Cardinale) A. Casaroli ha scritto “Il martirio della pazienza”, l’ho letto finalmente.

Ho sempre saputo che era un ecclesiastico esemplare, un prete zelante (specialmente a fine settimana con i suoi ragazzi del riformatorio), ma i malefatti dei suoi disecpoli hanno suscitato in me un’imagine negativa del loro maestro. La lettura del libretto ha ridimensionato questa imagine.

Casaroli sapeva che l’Ostpolitik Vaticana era un’affare impossible. C’è l’essenziale incompatibilità tra la fede cattolica e l’ideologia comunista. Il dialogo è solo un quasi disperato tentativo di fare qualche piccola breccia in quel muro quasi inespugnabile.

Casaroli ha accettato una missione impossibile, specialmente perchè nuotava nel buio, allora i regimi totalitari erano capaci di chiudersi del tutto (la cortina di ferro) e niente trapelava della realtà di assoluta oppressione.

Egli ammirava ed aveva grande rispetto per gli eroi della fede come Card. Mindszenty e Card. Beran, anche se non poteva rinunciare ad ogni dialogo con i governi atei.

Il dialgo con la Cecoslovachia non riuscì a concludersi, ma ciò non è stato sua colpa, anzi è a suo onore il fatto che non ha voluto avere una conclusione ad ogni costo, quando ciò vorebbe dire tradire i principi di fede.

L’intesa con l’Ungheria per la nomina dei Vescovi, anche se giudicato da qualcuno come troppo vantagioso per il governo, ma almeno formalmente non aveva rinunciato ai principi dell’Ecclesiologia Cattolica: rimane infatti nelle mani della Chiesa il diritto di iniziativa nello scegliere candidati per episcopato.

I presenti diplomatici vaticani hanno invece lasciata l’iniziativa nelle mani del governo ateo ed al papa rimane “solo” l’ultima parola, con il prevedibile imbarazzo di dover dare il veto indefinitamente.

C’è un altro fatto importante: mentre Casaroli va a dialogare, Paolo VI non rinuncia al suo diritto di alzare la voce quando l’altra parte, mentre dialoga, persiste nell’opprimere la Chiesa. Esemplare è stato il discorso alle catacombe di Domitilla, da dove il Papa dice: “Sono fin troppo reali le anologie tra le Chiese che oggi lottano ed a mala pena sopravivono nei paesi di regime ateo-totalitario con la Chiesa delle antiche Catacombe”.

Ovviamente ciò iritò la controparte del dialogo, ma il papa non rinuncia al suo diritto e dovere di proclamare la verità, dato anche che dal dialogo si otteneva niente, e di quel che eventualmente si otteneva non c’era molto da fidarsi, per chi non ha altro principio di verità che la sua utilità, le intese valgono la carta su cui vengono scritte.

Dopo breve interruzione tornano al dialogo, perchè torna a loro vantaggio far vedere al mondo che perfino il Vaticano ha fiducia in loro come interlocutori credibili.

Oggi, invece, per ottenere e mantenere un accordo, di cui non si sa neanche che valore abbia (v. recente intervista di Mons. Gallagher), la Segreteria di Stato obbliga il santo Padre a non dire niente della tragica situazione in Cina (specialmente Xinjiang e Hong Kong).

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