Guardando a come si è conclusa la Prima Sessione del Sinodo sulla sinodalità non possiamo che rimanere sbalorditi, perché ci dicono che non è ancora chiaro che cosa sia la sinodalità. Il Cardinale Relatore del Sinodo ci dice che “stiamo ancora imparando, la sinodalità non è un concetto, è un processo e sembra che proceda bene”.
Ma se non c’è un chiaro concetto di sinodalità, con quale criterio si afferma che il processo è stato sinodale e che la Chiesa sta diventando sinodale?
Partendo dall’etimologia della parola greca – “camminare insieme” – la sinodalità venne data come il tema di questa XVI Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi; venne dato anche un sotto-tema: “Partecipazione e comunione per la missione”.
Non essendo possibile in molte lingue (compresa la lingua cinese) tradurre direttamente la parola “sinodalità”, si suppone che il sotto-tema sia una fedele esplicazione del tema. Allora, senza studiare direttamente la sinodalità, ci siamo messi a studiare “come dialogare insieme per camminare insieme sulla via della evangelizzazione”.
C’è un dubbio da risolvere. Ci dicono che la sinodalità è un elemento costitutivo fondamentale della vita della Chiesa, ma nello stesso tempo enfatizzano che la sinodalità è quello che il Signore aspetta da noi oggi. Partecipazione e comunione sono ovviamente caratteristiche permanenti della Chiesa Una Santa Cattolica ed Apostolica. Ma dire che la sinodalità è “la cosa che il Signore aspetta da noi oggi” non vuol dire che si tratta di una cosa nuova? Per non vedervi una contraddizione, dobbiamo intendere questo invito alla sinodalità non come a dover fare qualcosa di completamente nuovo, ma a dare un nuovo impulso a qualcosa che è sempre esistito nella Chiesa.
Con questa comprensione la nostra Diocesi ha intrapreso attivamente questa prima fase del Sinodo, quella locale (non appartenendo ad alcuna conferenza episcopale per la situazione politica, di questa fase abbiamo solo il livello diocesano e non quello della Conferenza Episcopale).
La Diocesi ha condotto 13 assemblee di consultazione con circa 1,200 partecipanti; ha condotto 170 volte dei piccoli gruppi di “conversazione spirituale”, i cui partecipanti erano 930; c’è stato poi un questionario on-line e in sei mesi si sono raccolte 1,278 risposte provenienti da 150 comunità, i partecipanti devono aver superato i 2,000. Attraverso metodi scientifici, una sintesi di tutto questo lavoro mostra che la cosa più importante per la Diocesi è di promuovere la formazione dei preti, dei fedeli e specialmente dei giovani. I temi di questa formazione includono: parresia nell’esprimersi e attenzione nell’ascoltare; responsabile partecipazione nel discernimento e decisioni da parte delle autorità costituite; dialogo nella Chiesa, con la società e tra le religioni.
Qui mi permetto di aprire una parentesi.
La Diocesi di Hong Kong è una di quelle che hanno un maggior numero di fedeli cinesi nel mondo. La densità della popolazione nella città favorisce la comunicazione. A cavallo dei due millenni e poco dopo il ritorno della città sotto la sovranità della Nazione, il mio predecessore Card. John Baptist Wu ha promosso un Sinodo diocesano (1999-2001).
I membri erano circa 200:
25 ex-officio;
45 scelti tra i sacerdoti in cura d’anime;
20 religiosi e missionari;
30 suore;
78 rappresentanti dei fedeli, dei quali
58 dalle parrocchie;
10 dalle Commissioni diocesane;
10 dalle Associazioni dei fedeli;
10 nominati dal Vescovo
I membri sono divisi in 7 gruppi incaricati di organizzare lo studio di 7 temi:
1. formazione e ministeri dei fedeli
2. pastorale giovanile
3. coscientizzazione sociale
4. missioni ad gentes
5. matrimonio e famiglia
6. educazione e cultura
7. formazione delle vocazioni e formazione permanente dei preti diocesani.
l metodo del processo è quello iniziato dal Movimento JOC (Gioventù Cattolica Operaia) e poi fatto proprio da molte organizzazioni cattoliche: vedere, giudicare, agire.
Questo Sinodo ha raggiunto deliberazioni molto sagge, cosicché io, succeduto al Cardinale Wu come Vescovo di Hong Kong, avevo solo da seguirle senza bisogno di avere i miei piani nel mio servizio episcopale (spero che il volume degli Atti del Sinodo sia ancora a disposizione).
Dicevo che la Diocesi ha fatto un lavoro molto buono nella prima fase preparatoria del Sinodo, però non ha studiato il senso esatto della parola “sinodalità”. Concentrando lo studio sul senso generico del “camminare insieme”, non si è fatto più nessun riferimento alla parola “sinodo”, ma il sinodo o i sinodi sono una realtà storica. L’aggettivo “sinodale” e il sostantivo astratto “sinodalità” vengono dalla parola “sinodo”.
Camminare insieme? Sì, ma nella Chiesa chi cammina insieme con chi? Qual’è la meta di questo cammino? C’è una guida che assicura la giusta direzione?
Proprio per dare risposta a queste domande, la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva incaricato la sua Commissione Teologica Internazionale di redigere un documento intitolato: “La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa“. La Commissione ha lavorato tra il 2014 e il 2017; il testo è stato approvato dal Prefetto della Congregazione e pubblicato il 2 maggio 2018 con l’approvazione di Papa Francesco.
Questo documento è ovviamente elencato tra i documenti che interessano il tema del presente Sinodo. Ma, stranamente, la Segreteria del Sinodo vi fa poco riferimento.
Leggendo il documento summenzionato ed il voluminoso primo documento introduttivo della Segreteria del Sinodo non riesco a cacciare via la percezione che siamo davanti a due visioni opposte di ecclesiologia. Da una parte la Chiesa viene presentata come fondata da Gesù sugli Apostoli ed i loro Successori, con una Gerarchia di ministri ordinati che guidano i fedeli nel viaggio verso la Gerusalemme celeste. Dall’altra parte si parla di una sinodalità non meglio definita, una “democrazia dei battezzati” (Quali battezzati? Vanno almeno regolarmente in chiesa? Attingono fede dalla Bibbia e forza dai Sacramenti?)
Quest’altra visione, se legittimata, può far cambiare tutto, la dottrina della fede e la disciplina della vita morale.
Qualcuno griderà alla “conspiracy theory”.
Dicono che non c’è un’agenda, ma questo offende la nostra intelligenza, come possiamo dimenticare quella Nota nell’Amoris laetitia dopo i due Sinodi sulla famiglia? E quella deliberazione sui “viri probati“, anche se non entrata nella Esortazione Post-sinodale di Amazzonia?
Come possiamo non preoccuparci quando guardiamo al “sentiero sinodale” in Germania? Un gruppo di fedeli, non si sa con quale titolo di rappresentatività, insieme a più di metà, ma meno dei 2/3 dei vescovi, parlano quasi con compiacenza degli “abusi sessuali”, indicandone la causa nel clericalismo, segno che la costituzione della Chiesa ha gravi problemi ed ha bisogno di un radicale rifacimento (rovesciare la piramide) e l’etica sessuale della Chiesa ha pure bisogno di adeguarsi alla cultura moderna. Questo “Sentiero sinodale” non è stato ancora decisamente ripudiato. Ricordiamo anche quel movimento che esplose in Olanda all’indomani del Vaticano II (con il nuovo Catechismo olandese) che ha condotto la Chiesa di quel paese a languire oggi come moribonda?
Non mi sembra fuori luogo menzionare il caso della Comunità Anglicana. Il povero Arcivescovo di Canterbury ha ricevuto un ammonimento dagli Arcivescovi della Global Anglican Future Conference (GAF), che comprende 85% della Comunità Anglicana mondiale, perché si penta di aver legittimato l’unione omosessuale, altrimenti non riconosceranno più la sua posizione di autorità.
Nel voluminoso documento della Segreteria forse non tutti hanno notato quella terribile ma gratuita affermazione che il più temuto ostacolo alla sinodalità è il clericalismo! Il quale è sovente tendenziosamente ritenuto come la causa principale degli abusi sessuali, mentre è ovvio che la rivoluzione sessuale è entrata anche nella Chiesa e perfino nei seminari.
E quella lunga lista di problemi che solo la sinodalità sarebbe in grado di farci affrontare è lì semplicemente come un inventario? Leggendola, maliziosamente sospettai che quello che interessava agli estensori del documento è quello che era menzionato in fondo alla lista, cioè le minoranze con tendenze sessuali particolari che sarebbero discriminate, disprezzate ed emarginate crudelmente da parte della Chiesa. (L’acronimo LGBTQ è entrato per la prima volta, solennemente, in un documento della Chiesa!)
Concludendo il fin qui detto sulla prima fase preparatoria del Sinodo, penso che per i promotori del Sinodo questa prima fase sia stata un grande insuccesso. Da questa fase volevano raccogliere un’abbondanza di fatti di esperienza come fondamento per tutta la costruzione seguente dell’edificio della sinodalità.
Ma, anzitutto, molti, come pure i nostri di Hong Kong, non hanno neanche capito quello che i promotori desideravano; ma anche la partecipazione quantitativa dei fedeli è stata scoraggiante. Attendibili statistiche dicono che essa arriva appena a 1%, il che è comprensibile a causa sia del non sufficiente tempo dato per la consultazione e sia a causa delle difficoltà create dal Covid-19. I promotori si sforzano di fare buon viso a cattiva sorte, dicendo che c’è stata una entusiasmante risposta da tutte le parti.
Arriva la seconda fase, quella continentale. Finalmente, i promotori hanno maggiore possibilità di dirigere l’operazione. Il Segretario generale e il Relatore, insieme ad alcuni “facilitatori”, sono andati in persona a 6 dei 7 raduni continentali a guidare la consultazione.
Per l’Asia era ovviamente rappresentativa la FABC (Federation of Asian Bishops’ Conferences) che include anche la Diocesi di Hong Kong e quella di Macau che non appartengono ad alcuna Conferenza Episcopale. Le persone convocate sono quelle che hanno animato il lavoro della prima fase, ma che adesso sono ben guidate verso particolari temi del dialogo e con un peculiare metodo.
L’accento è ancora sulla condivisione di esperienze, ascoltare le esperienze di gente che non hanno voce nella Chiesa (gli assenti, simbolo una sedia vuota al tavolo attorno al quale in piccoli gruppi si raccontano esperienze dolorose di gente esclusa dalla comunità). Queste esperienze ovviamente suscitano emozioni, sentimenti di compassione. Si tratta specialmente delle minoranze con tendenze sessuali particolari, di situazioni di “matrimoni” irregolari, per cui non sono accettate, cioè escluse, mentre la Chiesa dovrebbe dare il benvenuto a tutti (todos! todos! todos!)
Il metodo peculiare usato è la cosiddetta “conversazione nello Spirito“. Si prega e poi ognuno condivide la sua esperienza, tutti ascoltano. Si prega di nuovo e si torna a parlare, ma integrando quello che ognuno aveva ascoltato. Si prega di nuovo e si verificano i punti di convergenza e i punti di divergenza. Conversazione, non discussione!
Ma senza un adeguato dibattito come si risolveranno i problemi? Ci sono i problemi, perciò bisogna dibattere. Ovviamente la discussione deve basarsi sulla Parola di Dio e sulla Sacra Tradizione della Chiesa. Lo Spirito Santo guiderà la discussione a conclusioni concordi come nel Concilio Vatican II. Le preghiere devono essere già accumulate prima delle riunioni, lì lo Spirito è pronto proprio a guidare tutti nella discussione.
Padre Lusvardi, un Gesu ita canadese, professore all’Università Gregoriana, dice che il metodo della “conversazione nello Spirito” non viene da Sant’Ignazio, ma dai Gesuiti canadesi. Questo metodo non serve per il discernimento, ma per pacificare gli spiriti prima del discernimento, affinché non si cominci subito a discutere con animi eccitati, ma aprendosi alle ispirazioni del Cielo. Del resto, dice, non si discerne su cose già certe (se un’ azione è già evidentemente peccaminosa, non si discerne se la si possa commettere o no). Presso i Gesuiti, poi, comandano i Superiori ed i sudditi obbediscono perinde ac cadaver (“come fossero dei cadaveri”).
Imporre questo metodo è una manipolazione per evitare le discussioni. Tutta psicologia e sociologia, non fede e teologia.
Siccome diverse cose menzionate erano controverse, un inizio di discussione ha potuto ancora emergere nel poco tempo lasciato al dialogo nell’Assemblea con i pochi minuti concessi a ciascuno che volesse intervenire.
La Relazione finale su questa fase di partecipazione da parte della FABC, più che rispondere alle questioni sulle quali verte l’interesse dei facilitatori, attinge abbondantemente dai risultati della recente General Conference in occasione del 50° della fondazione della FABC. Questa General Conference è stata una vera mobilitazione generale. Si è riflettuto accuratamente sulle necessità presenti nella Chiesa in Asia. Il tempo coincideva esattamente con l’inizio del processo del Sinodo.
Sembra che anche questa seconda fase, continentale, ancora di preparazione al Sinodo propriamente detto, non deve aver soddisfatto i promotori del Sinodo. Ma dalla sintesi che ne hanno fatto, nell’Instrumentum laboris per il vero Sinodo, abbiamo almeno finalmente la chiara percezione che i problemi posti al discernimento sono le strutture della Chiesa ed i problemi dell’etica sessuale.
La terza fase, mondiale, con davanti a sé quei due grossi problemi, doveva essere il vero Sinodo che avrebbe dovuto dare la soluzione a questi problemi. Speravo che si tornasse alla procedura collaudata da tanti Sinodi passati, cioè, cominciare con le Assemblee, dove tutti sentono tutti e può emergere chiaro lo status quaestionis. Si procede, quindi, alla laboriosa discussione (senza però l’aiuto dei facilitatori). Si conclude poi con i circuli minores linguistici, dove si concretizzano delle concise deliberazioni da offrire al Santo Padre, in modo confidenziale, come consigli dei suoi fratelli nell’episcopato.
Fu un mio grande disappunto, quando vidi che questa fase era cominciata con lo stesso metodo di quella continentale, un metodo che non favorisce la soluzione dei problemi. Prevedendo questa eventualità, avevo, voi lo sapete, tentato di sobillare alcuni Padri Sinodali (Cardinali e Vescovi) di insistere sulla procedura, ma invano, essi sono gentiluomini e riluttanti a qualunque gesto di opposizione.
C’è stato anche un severissimo monito riguardo il segreto (quasi pontificio) per evitare, dicono, il gran chiacchierare dei media. C’è stato, sì, un quotidiano incontro con i giornalisti, ma solo i “buoni ragazzi”, scelti dai facilitatori, hanno parlato ai giornalisti. Per evitare le chiacchiere dei media, i fedeli sono stati tenuti all’oscuro di un Sinodo che voleva essere modello di sinodalità.
Tra i membri del Sinodo con diritto di voto, oltre ai vescovi eletti rappresentanti delle Conferenze Episcopali, c’era anche un gran numero di vescovi nominati dal Papa, evidentemente con lo scopo di “bilanciare i due schieramenti”, ci sono poi religiosi e suore, mentre nell’ordinamento originale c’erano anche rappresentanti eletti tra i Superiori Maggiori delle Congregazioni maschili clericali, i quali, analogamente ai vescovi, hanno un considerevole numero di ministri ordinati sotto la loro giurisdizione.
Ma c’è qualcosa di più serio: un gran numero di laici, uomini e donne partecipano al Sinodo con diritto di voto (mentre prima c’erano stati pure dei religiosi e dei laici, ma come periti ed osservatori, senza diritto di voto), allora, questo non è più un Sinodo dei Vescovi (come una bottiglia di vino a cui è stata aggiunta un bel po’ di acqua non è più quello che deve essere).
Qualcuno diceva che noi abbiamo dimenticato la sinodalità, mentre gli Orientali l’hanno sempre mantenuta. Ma questo è un grosso malinteso. Sua Eccellenza Mons. Manuel Nin O.S.B., esarca apostolico per i cattolici di rito bizantino in Grecia, dice che per gli Orientali il Sinodo è sempre esclusivamente dei vescovi; la parola “Sinodo” non è usata per significare il camminare insieme di tutto il Popolo di Dio, ma si tratta dei vescovi che camminano insieme a Nostro Signore Gesù Cristo (dobbiamo sapere che i Patriarchi nelle Chiese Orientali non sono l’equivalente del Romano Pontefice per noi, per ogni decisione importante devono avere il consenso del Sinodo dei Vescovi).
Il Papa può convocare qualunque specie di assemblea per dargli i consigli che egli vuole. Ma nei Sinodi dei Vescovi solo questi votano. Chiamare la recente ibrida assemblea col nome di Prima Sessione del Sinodo dei Vescovi è stata un serio equivoco.
Preoccupa il fatto che persino nell’Annuario pontificio la Segreteria del Sinodo dei Vescovi è ri-nominata la Segreteria del Sinodo. Quale Sinodo? Anche un Concilio Ecumenico è un Sinodo. C’è anche un Sinodo diocesano. D’ora in poi ci sarà anche questa ibrida assemblea di consultazione col nome di Sinodo? Intanto è stato eliminato il Sinodo dei Vescovi, quello costituito da Papa Paolo VI alla conclusione del Vaticano II come strumento di collegialità, cioè come organo attraverso il quale il Papa riceve consigli dai vescovi suoi fratelli nell’Episcopato!
Alla fine di questa sessione non c’è stata nessuna deliberazione. Si era già programmata una seconda sessione. Allora la prima sessione non deve essere intesa come Sinodo proprio, ma solo come ulteriore preparazione alla Seconda Sessione che sola potrà chiamarsi propriamente Sinodo dei Vescovi, il quale si concluderà con delle deliberazioni votate dai soli Vescovi.
I laici già presenti alla “Prima Sessione” siano pure benvenuti a questo vero Sinodo, ma come osservatori e periti, e non voteranno insieme ai vescovi. Potranno anche fare interventi nella discussione, ma su invito della Presidenza, magari dietro previa richiesta; è ovvio che i Presidenti delegati devono essere tutti vescovi.
Quello che ho fatto notare fin qui può considerarsi un problema di mera confusione di termini, ma è una confusione pericolosa. Conviene chiamare ogni cosa come è, e questo chiarirà anche il compito durante questo anno di intervallo per tutti noi nella Chiesa.
Tutti possiamo e dobbiamo interessarci del prossimo Sinodo, cioè del Sinodo dell’ottobre 2024: organizzando sedute di studio sui problemi che le fasi precedenti hanno messo sul tappeto; studio che si deve fare con l’aiuto di tutti (sacerdoti, religiosi e religiose, laici competenti), anzi, con l’assidua presenza del Vescovo; studio accompagnato da un supplemento di esperienze di fatti concreti, cosicché i nostri Vescovi possano portare al Sinodo l’odore delle loro pecore (solo essi sono in grado di portare al Sinodo la vera situazione della loro Chiesa, il Papa non può mica avere il fiuto di tutte le sue pecore nel mondo, specialmente se si tratta della periferia…)
Ma soprattutto in quest’anno c’è bisogno di uno studio che aiuterà la vera discussione a livello della fede; sarà di massima importanza la conoscenza della Costituzione sulla Chiesa (Lumen gentium) del Vaticano II e del summenzionato documento della Commissione Teologica Internazionale.
Ci sarebbe anche un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede intitolato “Sensus fidei nella vita della Chiesa” (2014), nel quale si spiega il vero significato del sensus fidelium.
Prima di Natale, 18 dicembre 2023, venne la Dichiarazione “Fiducia supplicans” del Dicastero della Dottrina della Fede, che giustifica la benedizione di coppie omosessuali in certe circostanze. Il firmatario è il Prefetto del Dicastero, col consenso firmato del Santo Padre. Fu una sorpresa anzitutto e poi una gran confusione segue. Un comunicato stampa, del 4 gennaio 2024, sembra una mezza ritrattazione della precedente Dichiarazione.
Sorpresa, anzitutto. Prima dell’inizio del Sinodo, noi cinque Cardinali avevamo rivolto a Papa Francisco cinque domande o Dubia, a cui si sperava di avere una risposta chiara, per così risparmiare tempo di discussione al Sinodo. In 24 ore, con incredibile velocità, venne una lunga risposta. L’autore non poteva esserne il Santo Padre, ma doveva venire dall’arsenale della Segreteria del Sinodo preparato per controbattere opinioni contrarie. La Dichiarazione Fiducia supplicans non fa che sviluppare quella già lunga risposta ai Dubia.
Una sorpresa disgustosa. Dato che il problema era già venuto sul tappeto, era più che ragionevole aspettare che la prossima Sessione del Sinodo, dopo seria discussione, ne desse una soluzione. Prevenire tale discussione è un atto di incredibile prepotenza e di mancanza di rispetto per i Padri sinodali.
Nonostante la ripetuta protestazione, nella Dichiarazione, che in simile materia bisogna assolutamente evitare ogni confusione, la Dichiarazione ha causato, inevitabilmente, una grande confusione, e minaccia una seria divisione, mai vista nella Chiesa prima.
Alla fine di questa mia lunga disquisizione, non mi rimane che augurare “Buon lavoro!” a tutti e che il Signore ci benedica!
Vostro fratello,
Card. Giuseppe Zen
15 Feb. Giorno dopo “le ceneri”
P.S. La prima lettura della Messa della Quarta Domenica del Tempo ordinario che abbiamo da poco celebrato è dal libro del Deuteronomio, le ultime due frasi suonano un severo ammonimento a tutti noi: “Se qualcuno non ascolterà le parole che [il profeta] dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dei, quel profeta dovrà morire”(Deut 18:19-20).
Mi consola il vedere che si è cantato durante il Sinodo la bella preghiera “Sub tuum praesidium“. Spero che molti la imparino (anche a memoria) e che essa ci accompagni in tutto il tempo che doverosamente impiegheremo lavorando per il vero successo del Sinodo in corso.