In dialogo col Prof. Agostino Giovagnoli alla ricerca di “Elementi di chiarezza”

Wuhan virus ci obbliga a stare a casa. Stanco di questa forzata mancanza di veri contatti, vado a cercare quelli “virtuali” sulla rete. Mi capita sotto occhio l’articolo del Prof. Agostino Giovagnoli dal 6 Marzo col titolo “una lettera del Cardinal Re a tutti i porporati offre elementi di chiarezza sulla lunga trattativa con Pechino”.

Da tempo non leggo scritti del Professore, perchè una volta ha avuto la sfacciataggine di negare di avermi attaccato in un suo scritto.

Anche questa volta mi pento di essere caduto nella tentazione di leggerlo, perchè ora non risisto all’altra tentazione di rispondergli, sciupando le poche forze che rimangono ancora a questo povero vecchio di 88 anni.

Quello che mi ha fatto perdere la pazienza è stato proprio quell’arrogante discorso iniziale sulla pazienza e sulla verità.

I prepotenti signori nel Vaticano, e specialmente il vicepapa Card. Parolin, quando mai hanno avuto pazienza?

Una imponente Commissione per la Chiesa in Cina è stata fatta sparire senza una parola di congedo; i più alti ufficiali della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popeli silurati tranquillamente!

E la verità? L’autorità di sorvegliare per proteggere la verità di fede viene ora passata dalla Congregazione per la Dottrina al Decano del Collegio dei Cardinali? Ma non è dichierato che il Decano è “Primus inter pares”, senza nessuna autorità sui suoi fratelli cardinali?

Card. Re l’ho trovato sempre simpatico, e lo sarà ancora per me. Ma come fa ad avere una competenza su fatti cinesi, più di un cardinale cinese con lunghe e privilegiate esperienze e con frequenti contatti ancor oggi con la realtà cinese? Solo perchè il Segretario di Stato gli conferisce tale competenza?

E non hanno paura di sconfessare, così, il gran parlare della “periferia” di Papa Francesco?


Su una cosa siamo d’accordo con il nostro Professore: l’importanza della questione si o no ci sia stata una continuità tra i recenti Pontefici riguardo la linea nel trattare con la Cina.

Non sto qui a ripetere un lungo discorso. Leggere il mio libro “Per amore del mio popolo non tacerò” può aiutare. Ma basta anche leggere la mia risposta al Card. Re (1o Marzo) con un supplemento (10 Marzo).

I due Papi precedenti hanno ovviamente incoraggiato il dialogo nella speranza di arrivare ad un “buon accordo”, ma certamente non avrebbero mai accettato un accordo “cattivo”, cioè immorale, anche se è “l’unico possibile”.

Non ritiro la mia parola: “ho fondamento per credere, e spero un giorno di poter dimostrare con documenti di archivio, che l’accordo ora firmato è lo stesso che Papa Benedetto aveva, a suo tempo, rifiutato di firmare”.

Del resto la controversia è facilmente risolvibile: basta che io possa vedere l’accordo segreto (testo cinese ed italiano) e Card. Re mi mostri l’evidenza dall’archivio, di cui nella sua lettera.


Alla domanda “allora perchè l’accordo non è stato firmato dieci anni fa?” il Professore dice che la risposta è semplice: ci sono state obiezioni e risistenze, le stesse di oggi.

Qui si constata l’ignoranza dei fatti.

Ai tempi del Card. Tomko il negoziatore, che era Mons. Claudio Celli, ragguagliava sull’andamento del negoziato i partecipanti a qualle “riunioni segrete” (dei due dicasteri, Segreteria di Stato e Congregaziona per l’Evangelizzazione dei Popoli, più alcuni esperti da Hong Kong, Macao e Taiwan).

Ai tempi invece del negoziatore Mons. Parolin (con alle spalle Card. Dias), i negoziati erano di competenza esclusiva degli “addetti ai lavori”, neanche i membri della Commissione per la Chiesa in Cina ne sapevano niente, per cui non c’era la questione di obiezioni e resistenze.

Ultimamente i negoziati sono ancora “top secret”, ma delle indiscrezioni sono trapelate, su cui si potevano costruire delle congetture e contro queste sorgono le obiezioni.


Il Card. Re, che certamente conosce il contenuto dell’Accordo, ci dice solo “esso comprende l’intervento dell’autorità del Papa nel processo di nomina dei Vescovi in Cina”. Ma è questa una grande vittoria? Non vi sembra troppo poco? Mancherebbe che il Papa non intervenisse per niente.

Si sa che senza un accordo c’era un modo di compromesso: Vaticano e Pechino cercavano di convergere su nomi di candidati “accettabili” da ambe le parti. Ma ora con l’accordo Pechino non ha più bisogno di fare questo sforzo. Hanno diritto di presentare i nomi che vogliono, e staranno a vedere se il Papa osa dare il veto, e per quante volte (supposto che nell’accordo esista veramente questo diritto di veto).


Il Professore arzigogola sulla parola “Ostpolitik”. Ovviamente non stiamo parlando di Germania o dell’Europa, ma del Communismo cinese. La parola è usata, correntemente, per significare la “strategia di compromesso” davanti ad un regime totalitario. Non fa differenza se sia Faraone o Nerone, Hitler o Stalin, Mao zedong o Xi jinping; un potere totalitario non ammette compromessi, vuole la resa incondizionata, la schiavitù!

Il Signore è stato troppo buono con gli italiani, non hanno sofferto sotto un vero regime totalitario (il fascismo di Mussolini è una dittatura all’acqua di rose- manganello ed olio di riccino), per cui hanno difficoltà a sapere quanto terribile può essere un vero regime totalitario, per di più, ateo.


Il Professore arzigogola anche sulla distinzione tra chi negozia, chi firma e chi approva l’accordo.

Sappiano che il negoziatore è il monsignore sottosegretario della Segreteria di Stato; chi firma può essere lui o il suo superiore, l’arcivescovo segretario della Segreteria di Stato; sempre con l’approvazione del Pontefice.

Queste sottigliezze non dicono tutta la realtà. Mentre, quando Mons. Parolin era il negoziatore, era veramente lui che negoziava, con alle orecchie Card. Dias, e tutti e due cercavano di scavalcare Papa Benedetto (questa è la mia convinzione), quando invece è negoziatore Mons. Camilleri, questi (sempre secondo la mia convinzione) è sempre completamente sotto il dettato del Parolin.


Card. Re cita correttamente la mia grave obiezione agli “orientamenti pastorali” del 28 giugno, ma risponde con la gratuita affermazione che “sono stati pensati proprio per salvaguardere la fede”. Sembra che non abbia letto con attenzione i miei “dubia”, che avevo presentato a Papa Francesco il 1o Luglio e che Sua Santità il giorno 3 mi promise di interessarsene. Ma fino ad oggi non mi è venuto ancora una parola di risposta.

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