È il terzo giorno, ma non è che lo farò ogni giorno…

Sono coincidenze interessanti. Anche le letture liturgiche della Messa di oggi mi suggeriscono qualcosa da dire sul Sinodo.

La prima lezione è sul profeta Giona, scontento che Dio lo mandi a predicare la penitenza alla gente di Ninive, gli odiati nemici del popolo eletto.

Nel Vangelo Gesù presenta un Samaritano, scismatico disprezzato, come un modello di carità, a preferenza di due «ecclesiastici».

Ecco «abbasso il clericalismo!», «benvenuti tutti tutti tutti nella tenda!».

Nel Sinodo di Gerusalemme, non si è fatto un cambiamento qualunque, è stata la meditazione sulla parola di Dio e sugli eventi straordinari a far capire che il tempo per un cambio è arrivato, le prefigurazioni devono cedere il posto al Nuovo Patto che è la piena realizzazione della salvezza universale secondo l’eterno piano di Dio. Una grande novità, ma nella continuità, non nella rottura. Il miracolo delle lingue il giorno di Pentecoste era già un messaggio chiaro, ma lo Spirito Santo lavora con gradualità.

C’è da notare che Giona è stato mandato a predicare la penitenza (la conversione) e l’intero popolo di Ninive ha accolto il monito (non parole melliflue, ma una minaccia di distruzione).

Si dà sovente come esempio di sinodalità il viaggio di Gesù con i due discepoli di Emmaus. Non è che quei due abbiano convertito Gesù, ma è stato Gesù che cominciò a rimproverarli per la loro durezza di cuore e con le Scritture ha aperto la loro mente ed il loro cuore. E al banchetto (eucaristico?) Gesù si è lasciato riconoscere. La conclusione è che i due discepoli hanno fatto subito il pur faticoso viaggio, indietro, rientrando nella comunità di Gerusalemme, sommersa nella gioia della nuova Pasqua.

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