ANALISI DELLE RISPOSTE DATE AI 5 DUBIA COME ORIGINARIAMENTE FORMULATI

I cinque Cardinali dei 5 Dubia non hanno pubblicato le risposte del Papa l’11 luglio ai 5 Dubia presentati il 10 luglio 2023, perché queste non sono precise risposte e non hanno risolto i dubbi. Adesso, dal momento che la Santa Sede le ha pubblicate, mi sembra conveniente che rispondiamo a quelle risposte, cosicché i fedeli capiscano perché noi cinque non le abbiamo trovate adeguate come risposte. Data la strettezza del tempo, non ho consultato gli altri quattro Cardinali e perciò di questa iniziativa sono solo io personalmente responsabile.

Premessa

Non è presunzione mettere in discussione le risposte del Papa? No.

1. Nessun cattolico maturo crederà che «chiunque contraddice il Santo Padre è eretico e scismatico», come ha affermato l’eminentissimo Fernandez. Difatti il nostro Santo Padre è meravigliosamente umile nel riconoscere gli errori, suoi e di coloro che lo hanno preceduto nella Chiesa (come, per esempio, ha fatto il viaggio fino in Canada ed ha impiegato sei giorni a dire il «mea culpa» per le cosiddette crudeltà commesse molti anni fa contro i giovani aborigeni nelle scuole residenziali).

2. Nel caso presente, mi viene il fondato dubbio che quelle risposte non vengano dalla penna del Sommo Pontefice, dal momento che posso questa volta citare in mio favore quello che l’Eminentissimo Fernandez ha detto di un documento firmato con l’autorità del Papa: «io non ci fiuto l’odore del Papa». Difatti, l’incredibile prontezza delle risposte (11 luglio), specialmente in contrasto al caso degli altri famosi 5 Dubia del 2016 semplicemente ignorati, fa sospettare che queste risposte fanno parte dell’arsenale che gli organizzatori del Sinodo, probabilmente con l’aiuto dell’Eminentissimo, avevano già preparato per rispondere ai disturbatori della loro agenda.

3. Del resto, in quello che dirò, mi dico consenziente col Papa su gran parte di quello che dice, solo che le sue risposte non sono state precise risposte ai nostri Dubia, anzi qualche volta li confermano. Veniamo all’analisi.

Analisi della risposta al primo Dubium.

Posso essere d’accordo con i paragrafi (a) (b) (c) (d) (e) dove si parla di progresso, di migliore comprensione, di migliore espressione, di migliore interpretazione, di più espliciti alcuni aspetti, di più maturo giudizio…

Tutto questo va bene, ma non al punto di negare ciò che è stato affermato prima dal Magistero. Il Santo John Henry Newman ha giustamente detto che lo sviluppo della dottrina della Chiesa è sempre omogeneo. Su questo ha scritto tutto un libro.

I paragrafi (f) (g) (h) sono più complicati.

Paragrafo (f)

Il caso degli schiavi. La schiavitù faceva parte essenziale dell’ordine della società, perfino i più rispettati filosofi, come Platone e Aristotele, riconoscevano che gli uomini sono divisi in tre categorie: filosofi, soldati e schiavi. L’incipiente comunità cristiana non poteva neanche pensare di poter cambiare tutto questo. Ma la Lettera di San Paolo a Filemone fa vedere come la concezione dell’uomo figlio di Dio cominciava già a cambiare radicalmente la relazione tra il padrone e lo schiavo e finirà per mettere in discussione l’istituzione stessa della schiavitù.

Il caso della donna. Quando si capisce come siano preziosi il carisma petrino e quello mariano, che sono due compiti diversi, ma non c’è questione di diversa dignità (a questo proposito, pensate come sia grande il potere della mamma per il suo preponderante peso nella educazione delle giovani vite. Anche quando queste diventano re e regine, credono loro dovere di onorare la regina madre).

Paragrafo (g)

La frase «per la salvezza di tutti» non si riferisce a una parte della rivelazione, ma a tutta la rivelazione, i cui contenuti formano, sì, una gerarchia di valori, ma in un insieme armonioso e non è permesso opporre gli uni contro gli altri.

Paragrafo (h)

Dove, invece, nel paragrafo (h) si parla della teologia e dei suoi «rischi» come tranquillamente accettabili, mi viene da domandare: l’autorità della Chiesa non ha il dovere di difendere i fedeli semplici dai rischi che possono minacciare la purezza della fede?

Analisi della risposta al secondo Dubium.

I paragrafi (a) (b) (c) hanno riaffermato l’unica concezione vera del matrimonio che, del resto, nessun cattolico mai ha osato negare. Ma ci lascia sbalorditi la frase del paragrafo (a), che cita da «Amoris laetitia»: «Altre forme di unione lo fanno solo in modo parziale e analogo» !?

Ugualmente ci fa difficoltà la frase del paragrafo (a) dove permette certe forme di benedizione delle unioni omosessuali. Tale unione non implica attività sessuali tra persone dello stesso sesso, che sono chiaramente peccaminose, come peccaminosa è qualunque attività sessuale fuori del matrimonio legittimo?

Riguardo la nostra attitudine generale verso gli omosessuali, i paragrafi (e) (f) sono tendenziosi nell’opporre la comprensione e tenerezza alla sola difesa della verità oggettiva, al solo negare, respingere ed escludere, al trattare gli omosessuali solo come peccatori. Difatti noi siamo convinti che con la comprensione e tenerezza dobbiamo pure presentare a loro la verità oggettiva che l’attività omosessuale è peccato, è contraria al piano d’amore di Dio. Dobbiamo pure incoraggiarli ad una metanoia nella Chiesa e fidare nell’aiuto di Dio per portare la loro pesante croce sulla via verso la felicità eterna.

Il paragrafo (g)

Questo paragrafo (g) è pastoralmente insostenibile. Come può la Chiesa, in una materia così importante, lasciare il popolo senza una norma chiara e fidarsi del discernimento individuale? Non è così che scoppierà un caos di casistica pericolosissima per le anime?

Analisi della risposta al terzo Dubium.

L’originale Dubium parte dal fatto che il presente Sinodo, che non è costituito da tutto il collegio dei vescovi, sembra voglia dirimere questioni che solo un Concilio ecumenico col Papa ha diritto di decidere. Questo sarebbe sbagliato.

Il paragrafo (a) della risposta sembra invece partire dalla sinodalità intesa semplicemente come un parlare e camminare insieme nella Chiesa. In questo senso, il fatto che dei Cardinali abbiano presentato dei Dubia al Papa conferma che essi sono d’accordo su questo principio della sinodalità. Il paragrafo (b) continua a sviluppare il concetto suesposto e dice che «tutto il popolo di Dio partecipa alla missione in modi e a livelli diversi». Ecco, è importante non dimenticare «in modi e a livelli diversi». Difatti, i documenti del Sinodo ad un certo punto riconoscono pure la differenza tra «making decisions» e «taking decisions» (cioè, la differenza tra partecipare nel processo in vista di una decisione e l’atto stesso della decisione). Ma i medesimi documenti suggeriscono anche che la gerarchia debba, non solo «sentire», ma «ascoltare», obbedire alla voce del popolo, cioè ai laici, capovolgendo la piramide della costituzione gerarchica della Chiesa fondata da Gesù sugli apostoli.

Analisi della risposta al quarto Dubium.

Riguardo al sacerdozio ministeriale il Concilio Vaticano II dice che è differente dal sacerdozio comune «non solo di grado, ma essenzialmente», dunque, anche di grado. Con l’ordinazione sacramentale il ministro agisce in persona Christi, partecipa al sacerdozio di Cristo in un grado superiore. Con ciò però si parla della funzione e non della dignità o santità o qualunque altra superiorità delle persone, come pure il Papa è d’accordo, citando dalla Christifideles laici.

Nel paragrafo (c) riconosce che l’esclusivo conferimento del sacerdozio ministeriale ai maschi non è un dogma, ma una dichiarazione definitiva, chiara e autorevole, che deve essere rispettata da tutti. Ma la risposta lascia una coda: «eppure può essere soggetto di studio, come nel caso della validità delle ordinazioni nella Comunità Anglicana». Dunque, nonostante la dichiarazione definitiva, si potrà ancora discutere ad infinitum?! Tra l’altro, il paragone qui usato non è adeguato, perché la validità delle ordinazioni nella Comunità Anglicana è un problema storico, mentre il nostro caso è di natura teologica.

Analisi della risposta al quinto Dubium.

Paragrafo (a)

Proprio perché noi siamo amministratori e non padroni dei Sacramenti, dobbiamo seguire le regole, assicurarci del pentimento e della risoluzione. Perché facendo questo facciamo diventare la confessione «una dogana»?!

Paragrafo (b)

Il confessore non deve umiliare il penitente, ma il penitente deve essere umile, deve sapere che è necessario esprimere il proposito di non peccare più (anche di evitare le occasioni prossime di peccato. Ma una sincera promessa non esclude previsione di possibili ricadute, l’importante è far capire che il peccato ci allontana da Dio e dalla nostra felicità, non solo quella eterna, ma anche quella di oggi.

Siamo pure convinti che dobbiamo imparare a diventare veramente i messaggeri della misericordia infinita di Dio, la quale è capace di fare anche di noi peccatori dei santi.

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